l'orto a scuola

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venerdì 23 gennaio 2015

Documentazione Stimolazione Basale

Documentazione relativa alla Stimolazione Basale
A tutt'oggi mi è stato molto difficile reperire documentazione relativa alla Stimolazione Basale in italiano, purtroppo.
L'unico testo tradotto è questo
Fröhlich Andreas, La Stimolazione Basale per bambini, adolescenti e adulti con pluridisabilità-Edizioni La scuola, 2015
http://www.lascuola.it/it/home/scheda_sagg?sc=2535&fc=SPE_003309 


Stamattina, 14 maggio 2014 ho ordinato il libro su: http://www.unilibro.it/libro/frolich-andreas/la-stimolazione-basale/9788835037422
Spero che arrivi davvero....................
23 gennaio 2015: sono stata contattata da unilibro perchè il libro è disponibile...ma finchè non vedo non credo!!!!vi terrò aggiornati!
IL LIBRO E' ARRIVATO IL 26 GENNAIO!!!!

Lista corsi:http://www.sociale-levinas.fpbz.it/formazione/lista-corsi-partenza.asp
Ho provato a fare la prenotazione qui: http://www.libroco.it/dl/Frolich-Andreas/La-Scuola-Editrice/9788835037422/La-stimolazione-basale/cw674122787979563.html


9 obiettivi principali del concetto di
Stimolazione Basale®
secondo A.Fröhlich

  • MANTENERE LA VITA E FAVORIRE LA POSSIBILITA’ D I SVILUPPO

  • RISENTIRE LA PROPRIA VITA

  • VIVERE LA SICUREZZA E COSTRUIRE LA FIDUCIA

  • SVILUPPARE IL PROPRIO RITMO

  • DARE FORMA ALLA PROPRIA VITA

  • FARE ESPERIENZA CON IL MONDO ESTERNO

  • ENTRARE IN RELAZIONE E VIVERE L'INCONTRO

  • DARE IL SENSO E L’ IMPORTANZA

  • VIVERE L'AUTONOMIA E LA RESPONSABILITA'


MANTENERE LA VITA E FAVORIRE LA POSSIBILITA’ DI SVILUPPO


La Stimolazione Basale ® ha come obiettivo principale quello di aiutare il paziente a “mantenere” la propria vita. Spesso sono necessari interventi medici, l’assistenza sostiene il paziente nell’accettazione di tali misure, lo accompagna e gli offre aiuti individuali.
Il respiro è fondamentale per “mantenere” la vita.
Il respiro è strettamente collegato ai nostri sentimenti vitali. Abbiamo tante immagini nel nostro linguaggio che esprimono diversi tipi di respiro (il respiro si blocca, traggo un profondo respiro etc.).

Il paziente può essere sostenuto nel proprio ritmo respiratorio. Spesso però si trova a respirare artificialmente, il proprio ritmo respiratorio è sostituito da uno sconosciuto. Il condizionamento del respiro da parte di altre persone è quasi totale e penetra negli strati più intimi della persona. L’assistenza dovrebbe cercare di rendere nuovamente possibile una respirazione attiva, aiutare a ritrovare il proprio ritmo del respiro e far vivere così la propria vitalità.
Le persone devono nutrirsi, devono assimilare energia ed elementi vitali. Possiamo rimanere in vita solo quando rimaniamo in uno stato di scambio con il mondo inanimato anche se la nostra capacità di alimentarsi è limitata o per un determinato periodo di tempo inesistente. L’alimentazione con il sondino provoca una perdita massiccia dell’autonomia del paziente e richiede assistenza. Una riconquistata autonomia nell’assunzione del cibo significa per entrambe le parti un notevole aumento della qualità di vita.
Il movimento fa parte degli elementi fondamentali della vita. Il movimento indica la vita, la vitalità viene espressa attraverso il movimento. Inoltre il movimento procura delle percezioni. Senza il movimento la persona rimane nella nebbia.
L’assistenza cerca di allontanare questa nebbia dando di nuovo delle possibilità di orientamento attraverso movimenti mirati e coordinati.


RISENTIRE LA PROPRIA VITA

Il primo passo consiste nel rimanere in vita, nel mantenere la vita. Il successivo riguarda il percepirsi in qualunque modo: percepire se stessi, cioè percepire il proprio corpo nel presente, viverlo in contrasto con il mondo inanimato, ma anche rendersi conto che il proprio corpo è diviso dal corpo dell’altro che si prende cura di me. “Sono un individuo, sto per conto mio, sto in contatto con gli altri e con delle cose, ma nonostante ciò rimango un’unità.”
Dobbiamo prevenire o contrastare un grave disorientamento, prevenire difficoltà percettive del paziente (impedire che la nebbia lo avvolga di nuovo), dando costantemente al essi l’opportunità di rendersi conto del proprio IO,che nella psicologia classica si chiama consapevolezza.
L’assistenza si integra attivamente nel sostegno dell’identità del paziente e lo aiuta a non perdersi.





VIVERE LA SICUREZZA E COSTRUIRE LA FIDUCIA

La sicurezza si può scoprire solo dal momento in cui eventi specifici e ben distinti continuano a ripetersi; questo permette di capire gradualmente che questi continueranno a ripetersi in futuro.
Il paziente si rassicura quando si accorge che ad un suo segnale (sudorazione) la persona che si prende cura di lui risponde adeguatamente.
E’ indispensabile rivolgersi al paziente con segnali chiari. Nel rivolgersi al paziente dobbiamo essere coerenti con la nostra voce, la mimica, i gesti e l’azione. Non dobbiamo mandare segnali diversi o addirittura contradditori. Spesso si nota che l’atteggiamento dell’assistente è accompagnato da rimproveri al paziente anche se con l’intento di scherzare. Il paziente riceve in questo caso un messaggio, che non lo aiuta di certo a costruire un rapporto di fiducia. Possiamo solo creare un rapporto di fiducia quando riusciamo a valutare abbastanza bene la persona.
L’assistente del paziente non deve fare nulla d’inaspettato, nulla d’inatteso, nulla di spaventoso. Dobbiamo poterci fidare di qualcuno che non ci faccia nulla per cui non siamo ancora pronti.
Tutto questo avviene con continuità e ripetizione delle stesse azioni nello stesso modo.
Solamente dal momento in cui il paziente prova la sensazione di sicurezza e fiducia, possiamo sperare che lui possa sviluppare una cooperazione. Abbiamo bisogno della sua collaborazione se vogliamo migliorare la qualità della sua vita.
I pazienti insicuri, paurosi, spaventati, vivono in una situazione di stress continuo e utilizzano le loro preziose energie per abbattere le loro paure e non per guarire.


SVILUPPARE IL PROPRIO RITMO

Difficilmente un evento può cambiare il ritmo di vita come invece accade nel caso di un ricovero, un intervento o di una degenza in un istituto. Quando siamo in ferie o facciamo un viaggio, portiamo attivamente il nostro ritmo e le nostre abitudini quotidiane nelle situazioni che viviamo. In una situazione d’assistenza, soprattutto nei casi di grave malattia, usciamo in gran parte dal nostro ritmo conosciuto.
Il nostro ritmo sonno-veglia è adattato alle esigenze della struttura che ci ospita, non si tiene conto dei tempi individuali in cui la persona tende a svegliarsi o addormentarsi, il paziente deve adattarsi al ritmo dell’istituto.
Se il proprio ritmo non può essere rapidamente modificato, appaiono insonnia, irrequietudine, disturbi del sonno, stanchezza. Il paziente deve poter sviluppare il suo ritmo di veglia, riposo e sonno in un ambiente estraneo, il che significa naturalmente che il sonno del paziente deve essere rispettato e che bisogna lasciargli il tempo per sonnecchiare; i trattamenti terapeutici devono pertanto tenere conto del suo ritmo individuale.
Un disturbo continuo del ritmo biologico è vissuto come una vera e propria aggressività soprattutto dalle persone che non sono ancora in grado di cooperare. Una tale situazione rende molto difficile creare un rapporto di fiducia.
C’è anche però il cosiddetto ritmo proprio della personalità: fase di attività, di riflessione e di attenzione passiva cambiano tra di loro. Ci sono persone che nella loro vita professionale e personale mostrano significative oscillazioni e cambiamenti, altre che mostrano solo piccoli e regolari cambiamenti nella loro vita. Alcuni lavorano tranquilli per molto tempo, altri qualche ora molto intensamente e poi si riposano. Anche nella fase della malattia questi ritmi vengono mantenuti. Avere il tempo per riflettere sulla nuova situazione – anche se questo processo non è visibile al mondo esterno – fa parte del modo di vita che caratterizza quel paziente. Sarebbe opportuno dare importanza a questo ritmo di vita.
Gli esseri umani vivono gli alti e i bassi del proprio stato d’animo e mostrano diversi temperamenti. Gli esseri umani non sono uguali, anche i pazienti non sono uguali. Alcuni hanno bisogno di tempo per capire la situazione, altri vivono con notevole leggerezza e solo a volte cadono in uno stato depressivo. Questi ritmi vengono rispettati dagli assistenti, non devono assolutamente “tirare su di morale” se il paziente non è ancora pronto.
Il rimo delle visite assume una particolare importanza. Le visite si verificano fuori dal proprio ritmo abituale, spesso vengono tante persone; cambia anche il ritmo della vita familiare e della vita con gli amici. Chi da al paziente aiuto e supporto? Spesso tentiamo di spiegare, ma cosa sono le parole, quando una persona è così profondamente colpita nella sua personalità?

DARE FORMA ALLA PROPRIA VITA

Una caratteristica tipica della persona “viva” è quella di costruirsi la propria vita. E’ attiva nella riflessione, è attiva nelle attività quotidiane e addirittura attiva in qualche modo durante il riposo.
Essere attivo significa costruire se stesso, non subire la dominanza della propria vita da parte di altri.
Essere un paziente invece significa, come già esprime la parola “patiens”, essere sofferente. Non si è più attivi, ma passivi.
L’obiettivo principale del nostro lavoro è quindi sostenere i pazienti nel creare, anche se solo in minima parte, il proprio ambiente circostante che permetta l’attività propria. Questo può riguardare il letto, il comodino, ma anche l’arredamento della propria stanza. Chi deve vivere in un mondo decorato soltanto dagli altri, non può accettare questo mondo come il proprio. Una certa possibilità di creare “il proprio mondo”, lo fa diventare veramente come proprio. Se invece il paziente si sente estraneo nel suo ambiente e non lo sente suo, non sarà in grado di mobilitare delle forze che possono favorire la sua guarigione.
A volte i pazienti necessitano sostegno per l’organizzazione delle visite, hanno bisogno di qualcuno che “parli per loro”. Bisogna liberarsi dall’immagine che la persona in ospedale è sempre “disponibile”. Forse il paziente riceve d’un tratto delle visite da persone che a casa non sono andate a trovarlo da tanto tempo. Rimorsi, paura che lo stato di salute del paziente possa peggiorare, possono giocare un ruolo per andare a trovare una persona in ospedale. La domanda è: il paziente desidera veramente essere visitato in questa situazione da questa persona? Si sente “visitato”?
In un’altra situazione il visitatore avrebbe magari annunciato telefonicamente la sua visita e chiesto se gradita, ora invece appare semplicemente, si siede e domina la situazione. Come possono i pazienti conservare la loro integrità personale? Come possono influenzare attivamente le visite? Per interrompere queste visite non desiderate il paziente peggiora le sue condizioni di salute mandando solo segnali vegetativi.
Questa è una soluzione della situazione che in ogni caso è poco soddisfacente per tutti. Abbiamo per adesso poca esperienza su come poter rinforzare l’autonomia del paziente che deve ricevere le visite.
Dall’altro lato abbiamo anche tanti pazienti che restano soli, soprattutto le persone che iniziano a vivere in un istituto e che sono strappati dalla loro precedente situazione sociale.
Il postino non suona più, la vicina di casa non saluta più, la signora che passa al mattino davanti alla finestra non si vede più. Questi sono solo alcuni esempi di piccoli contatti sociali che vengono bruscamente a mancare. La solitudine avanza e dobbiamo aiutare queste persone ad aprirsi per coltivare dei contatti sociali. Ci sono delle organizzazioni che si occupano di questo problema, proponendo delle visite ai pazienti, trascurando però spesso quelli che non sono più in grado di comunicare. Il non sapere che cosa fare con loro rinforza ancora di più la loro solitudine.

FARE ESPERIENZA CON IL MONDO ESTERNO

Non soltanto le persone sono importanti per il paziente, ma anche l’ambiente materiale, che ha la sua importanza a vari livelli.
Dà orientamento, sicurezza ed è stimolante a livello estetico, dà informazioni relative al luogo in cui ci si trova e rende possibile diverse attività. Le persone con grave disabilità necessitano sostegno per vivere l’ambiente circostante in modo reale. Devono essere messi in contatto con l’ambiente perché non potendo muoversi non sono in grado di percepirsi e di afferrare gli oggetti. Il mondo esterno diventa sfocato e irreale. Il mondo esterno non esiste più e diventa importante il mondo interiore: questo viene percepito dagli assistenti come il mondo irreale.
I mondi dei pazienti e degli operatori rischiano di allontanarsi, la comprensione diventa sempre più difficile, la fiducia e la cooperazione sono ad alto rischio.
Lo scopo del nostro lavoro consiste nel mantenere il paziente in contatto costante e significativo con il mondo esterno, attraverso le proposte elementari.
Non si tratta di una pura “stimolazione” o di una rapida dimostrazione di tutto ciò che contorna il paziente, ma è indispensabile fornire delle relazioni significative ad ogni singolo oggetto. Così p.e. il comodino può essere vissuto come qualcosa di significativo nella sua funzione soltanto se il paziente ha costantemente l’opportunità di vivere una stretta correlazione tra sé ed il comodino e se può sperimentare che questo oggetto ha per lui una concreta utilità.
Uno dei lavori principali a livello pedagogico consiste nel trasmettere al paziente la correlazione oggetto - persona - relazione.

ENTRARE IN RELAZIONE E VIVERE L’INCONTRO

Ancora una volta poniamo la nostra attenzione ai contatti interpersonali. E’ importante far sì che i pazienti percepiscano e si accorgano dell’esistenza di altre persone. Sarebbe opportuno che i pazienti fossero attivi in queste situazioni per non dover vivere la sensazione della totale dipendenza. L’ideale sarebbe permettere ai pazienti di prendere spontaneamente contatto con diverse persone. In contesti normali ci si informa su com’è andato il fine settimana, si parla del tempo o si utilizzano altri argomenti futili per iniziare un avvicinamento. Le persone con grave disabilità non sono in grado di prendere contatto in questa maniera. E’ importante per tutti gli operatori osservare il modo in cui il paziente riesce a creare una relazione. Un sospiro, un lieve movimento della mano, un tentativo di girare la testa, un profondo respiro potrebbero già essere segnali comunicativi per entrare in relazione. I pazienti possono percepirsi come partner attivi nella comunicazione soltanto se ricevono delle risposte adeguate. Diventa importante lasciare al paziente il diritto di poter decidere l’intensità del rapporto in base alla persona. Qualcuno piace più di un altro, questo fatto può essere espresso anche in modo semplice e va assolutamente rispettato.
Teniamo conto anche delle forme di comunicazione alternative, già sperimentate nel lavoro con le persone disabili.





DARE SENSO ED IMPORTANZA

Il vuoto e l’assenza di significato sono il risultato della mancanza di significato e senso nella vita di una persona. I pazienti devono riuscire a comprendere la loro nuova situazione, devono riuscire a dare una nuova interpretazione alla loro vita. La malattia modifica la vita in modo radicale, cambia il corpo che non sta più a disposizione come prima, ma si estranea. Questo porta le persone in uno stato di crisi profonda, devono confrontarsi con la loro personalità a vari livelli. Il paziente non è abituato a questa nuova situazione, è spaventato, confuso e disorientato; è estremamente difficile per lui cooperare con altri, soprattutto se non riesce a farsi capire e se non capisce gli altri. La propria autostima è modificata, la posizione professionale non esiste più e neanche il ruolo nella famiglia. Ora è un paziente fra tanti altri, deve mettersi in coda, aspettare, subire che si decida di lui, non comprende ciò che si intende fare con lui, altri decidono per conto suo. Gli attuali valori non hanno più importanza, i nuovi valori non sono stati ancora trovati.
Riuscire a percepire sicurezza e fiducia può essere di grande aiuto per cercare nuovi significati nella vita e contemporaneamente dire addio alla “vecchia vita”.


VIVERE L’AUTONOMIA E LA RESPONSABILITA’

Questo è un obiettivo molto difficile che crea spesso i problemi alle persone sane senza alcun tipo di disabilità. Autonomia significa crearsi delle regole e costruirsi la propria vita in base a queste. Non si tratta di regole che orientano la vita verso soluzioni facili, ma si tratta di valori conquistati ed elaborati che voglio integrare nella mia vita.
La responsabilità nasce dal momento in cui mi accorgo che sono importante e gioco un ruolo anche per altre persone. Devo assumermi la responsabilità per il mio agire, il mio pensare ed il mio desiderare, in altre parole ciò significa che devo mettere “ il mio fare” in una relazione etica con altre persone. Queste sono soltanto parole? Tutto ciò non perde il suo significato quando sono gravemente ammalato, in fin di vita o quando divento disabile?
Siamo del parere che ogni essere umano ha sempre la possibilità di vivere in un certo modo la propria autonomia e di essere in qualche maniere responsabile per gli altri. Anche una persona grave dà delle risposte. E’ presente come capo famiglia anche se non è più in grado di prendersi cura della propria famiglia. Una madre morente accetta un’ultima volta l’amore dei suoi figli per far loro ricordare l’importanza che hanno ricoperto nella sua vita. Un bambino decide magari di rifiutare determinate proposte di attività perché per lui non corrispondono più al suo concetto di vita e se nessuno rispetta ciò non gli rimane altra possibilità di espressione che il rifiuto.
Un accudimento ideale dovrebbe sostenere una persona a vivere con autonomia e responsabilità, ma anche di poter morire con autonomia e responsabilità. L’accudimento deve riguardare la persona nella sua globalità e non tenere soltanto conto della sua malattia o disabilità. L’autonomia e la responsabilità rispecchiano il fatto che si vive per sé e per gli altri. Il paziente dovrebbe riuscire, possibilmente fino alla fine della sua vita, a sperimentare l’intimità di una relazione sociale che gli garantisca autonomia, ma che dall’altro lato non lo lasci mai da solo nella sua autonomia.




CHE COSA NE CONSEGUE

Vi vorremo portare ad una riflessione: non sono le tecniche e i metodi di una stimolazione che “guariscono” il paziente. Queste persone vivono probabilmente in questo momento un’esperienza molto particolare della loro vita. A causa della malattia devono confrontarsi con le aree più importanti della loro personalità. E’ chiaro che in un momento cosi difficile non possiamo fare loro delle proposte di stimolazioni che risultino estranee. Il personale non deve determinare che cosa fa bene al paziente, ma semmai cercare in maniera molto sensibile di capire che cosa occupa principalmente il paziente. Soltanto a quel punto saremo in grado di fare delle proposte che corrispondono alle priorità del paziente.
Il personale dovrà cercare queste priorità per sostenere il paziente nelle aree in cui è possibile un qualunque tipo di attività. Il sostegno avviene in base a certe regole, è richiesta una determinata conoscenza professionale. Inoltre ci vuole in certo livello di abilità manuale. Un’applicazione schematica non sarà possibile e l’individuo nella sua situazione attuale deve stare al centro. Le priorità individuali del paziente costituiscono la vera e propria base del nostro lavoro.



Traduzione: Paola Antoniotti, Teresa Wysocka marzo 2008



Sul sito www.basale-stimulation.de ci sono dei riferimenti bibliografici di testi in tedesco. 
Ecco un altro articolo: 
 
Lars Mohr
(per il Consiglio dell’Associazione Internazionale per la Promozione della Stimolazione Basale, Internationaler Förderverein Basale Stimulation® e. V.)


Cos’è la Stimolazione Basale®?
Una possibile definizione di questo termine


Le prime parti di ogni monografia, articolo o antologia di argomento scientifico sono di solito dedicate alla definizione dei concetti chiave che in essi verranno trattati. Tale definizione ha lo scopo, tra l'altro, di evitare quanto più possibile incomprensioni tra autore e lettore. Anche quando parliamo di Stimolazione Basale®1 tali incomprensioni sono tutt’altro che inusuali. Questo termine, pur essendo ben conosciuto dagli esperti del settore da decenni ha tuttavia subito, nel corso del tempo, una modificazione del proprio significato di non lieve entità. Il termine “Stimolazione Basale” che usiamo oggi non corrisponde al cento per cento alla “Stimolazione Basale” così come veniva intesa 25 anni fa (seppure ovviamente sussistano ancora degli elementi in comune): l’approccio si è andato via via modificando, passando da “una metodologia che di fatto era una mera tecnica a un concetto di ampio respiro sviluppato successivamente per persone con gravissime disabilità multiple” (Ackermann 2007, 161). Una definizione dunque che illustri in modo conciso e pregnante l’idea e l’impostazione attuali su cui si fonda la Stimolazione Basale svolge un (almeno) duplice:
(1) consente di raggruppare in modo conclusivo un concetto le cui diverse definizioni sono altrimenti sparse in innumerevoli pagine di bibliografia (ad es. in Fröhlich 2003, 10, 178-180 oppure Fröhlich / Nydahl 2004, 83f.), offrendo al contempo una presentazione di facile lettura a colpo d’occhio.
(2) illustra in modo succinto quelle caratteristiche di tale concetto che non possono (più) essere ignorate da chi voglia parlare con cognizione di causa e al presente della Stimolazione Basale, o voglia metterla in pratica.2
Ciò detto, si propone dunque la seguente definizione del termine “Stimolazione Basale” :
La Stimolazione Basale è un’idea di incontro tra persone che, a livello individuale, offre possibilità e stimoli, anche in assenza di prerequisiti, nei processi dialogico-comunicativi con persone affette da gravi disabilità o a rischio di gravi disabilità, per realizzare condizioni di sviluppo che siano adatte a promuovere, mantenere o incoraggiare
- la salute e il benessere,
- l’apprendimento e la partecipazione sociale nonché
- l’autodeterminazione
delle persone coinvolte.
Inoltre, per quanto riguarda la definizione di questo termine è importante, prima di tutto, sottolineare il seguente duplice aspetto :
  1. la formulazione di cui sopra non è solo opera mia ma si deve al lavoro comune svolto all’interno del Consiglio dell’Associazione Internazionale. Desidero perciò ricordare qui i nomi delle mie colleghe e dei miei colleghi che hanno collaborato ed esprimere loro il mio più sentito ringraziamento: M. W. Schnell, U. Reisenberger, M. Hatz-Casparis, H. Hockauf, A. Schürenberg.
  2. Durante l’Assemblea generale dell’Associazione Internazionale per la Promozione della Stimolazione Basale® tenutasi ad Amburgo il 16 maggio 2008, il Consiglio Direttivo ha proposto ai soci riuniti in assemblea di aggiungere allo statuto dell’associazione la sopra citata definizione di Stimolazione Basale a fini esplicativi. Tale proposta è stata accettata a larga maggioranza.
Qui di seguito si trattano in modo maggiormente dettagliato i singoli elementi di cui si compone la definizione del termine, con aggiunta di ampliamenti e commenti.


La Stimolazione Basale è un’idea…

La Stimolazione Basale può essere definita come “avvicinamento del pensiero ai problemi e alle difficoltà di persone con gravissime disabilità” (Fröhlich 2003, 10), ovvero come modello di comprensione e azione, come forma di pensiero. La Stimolazione Basale offre esperienze e stimoli sistematizzati che hanno spesso dimostrato la propria validità nella pratica. Tale validità pratica può però continuare a dimostrare la propria efficacia solo quando l’offerta di Stimolazione Basale sia calibrata individualmente, adattata e, se del caso, modificata, ovvero quando questa tenga in considerazione le esigenze, le esperienze di vita e gli obiettivi dei destinatari. Ecco dunque che appare chiaramente in cosa la Stimolazione Basale si differenzi: non si tratta infatti di un programma di riabilitazione o di una procedura codificata, non è una sorta di “applicazione meccanica di stimoli” e neanche una tecnologia volta allo sviluppo o alla cura. Non offre ricette cui tutti si devono attenere. A maggior ragione, la Stimolazione Basale non offre una risposta definitiva su ciò che sia più corretto fare in diversi ambiti di cura, terapeutici e pedagogici.
Tutto questo è quanto l'affermazione „La Stimolazione Basale è un’idea“ intende asserire.


di incontro tra persone,

La Stimolazione Basale parte dal presupposto che l'interazione pedagogica, di cura e terapeutica possa avere davvero successo solo quando venga dato ascolto alla persona con disabilità, alle sue espressioni e al significato soggettivo sotteso. La Stimolazione Basale vuole essere intesa come invito a entrare in sintonia con le altre persone e, insieme ad esse, con il mondo (materiale) che ci circonda.
L’accento sull’incontro tra persone in quanto baricentro dell'idea presuppone anche un particolare atteggiamento etico da parte del professionista, definibile come approccio protettivo alla persona con disabilità (a questo proposito: Schnell 2004).


che a livello individuale …

Il concetto di “individualità” è un'idea portante della Stimolazione Basale e muove dal riconoscimento del fatto che le persone sono sì uguali per dignità ma possono differenziarsi in modo anche considerevole per interessi, preferenze, vissuti (anche a livello sensoriale) o stili comunicativi. Nella Stimolazione Basale si attribuisce un valore elevato e fondamentale alla considerazione e alla concretizzazione consapevole di queste possibili differenze o caratteristiche della personalità di ciascun individuo (con gravi disabilità).


offre possibilità e stimoli, anche in assenza di prerequisiti,

Il carattere basale dell’offerta pedagogica, di cura o terapeutica è dimostrata, nei casi necessari, dal fatto che il destinatario di tali offerte non deve soddisfare alcun prerequisito per poterle apprezzare o potervi accedere; dunque al destinatario non si richiedono attività o conoscenze pregresse. “La semplice presenza fisica e vitale è quanto serve per poter accedere al processo di scambio basale" (Fröhlich 2006, 402). A questo proposito “si può fare riferimento ai primordi della capacità comunicativa, della percezione, della capacità motoria, dell’attenzione, dell’apprendimento, ecc.“ (ibidem).

nei processi dialogico-comunicativi…

La Stimolazione Basale pone al centro dell’attenzione dell’operatore l’esperire, il reagire, le necessità e gli obiettivi di ciascuna persona con gravi disabilità. Il lavoro basale può dunque solo svilupparsi nel quadro di un dialogo attento con l’altro (affetto da disabilità). Situazioni e processi comunicativi compiuti, ovvero l'essere compresi, la condivisione, l’entrare in contatto l’uno con l’altro (cfr. figura seguente) – sono cardini fondamentali nelle e per le attività basali.

Fig. 1: Flusso di comunicazione compiuta
(Fonte: con leggere modifiche Mall 1993, 139; 2004, 39; cfr. Fröhlich / Simon 2004, 88)



con persone affette da gravi disabilità o a rischio di gravi disabilità…


Qui di seguito si riporta la denominazione delle varie tipologie di persone cui si rivolge la Stimolazione Basale. A questo proposito vale la pena sottolineare come i bambini, i giovani e gli adulti con gravi disabilità abbiano bisogno in molti, se non persino in tutti, gli ambiti della loro vita dell'aiuto attento degli altri (in una misura non comune rispetto a persone in salute della loro età). Secondo la suddivisone di Bienstein / Fröhlich (2007, 39) in base alle necessità, si tratta di persone,
  • che a volte necessitano della vicinanza fisica per poter percepire le altre persone;
  • che hanno bisogno di altre persone che le comprendano anche senza comunicazione verbale e che possano essere in sintonia con le loro modalità espressive individuali;
  • che hanno bisogno di altre persone che li mettano in relazione con il mondo che li circonda e loro stessi secondo modalità (per loro) comprensibili;
  • che hanno bisogno di persone che permettano loro di modificare la proprio posizione e di muoversi;
  • che hanno bisogno di persone che li assistano, si prendano cura di loro, li spronino e li accompagnino in modo affidabile e competente.
La cerchia dei destinatari, alquanto ristretta nei primi anni (cfr. Fröhlich 1978, 43; Haupt / Fröhlich 1982, 22 succ.), si è ora notevolmente ampliata: la Stimolazione Basale viene attualmente utilizzata anche da esperti di diverse professioni nell‘incontro, tra l’altro, con
  • neonati prematuri, che necessitino di trattamenti e cura in terapia intensiva,
  • bambini, giovani e adulti con gravi pluridisabilità,
  • persone con gravi disabilità causate da patologie o incidenti (ad es. coma vigile) oppure
  • anziani bisognosi di cure o malati terminali.
Quanto la Stimolazione Basale può offrire risulta inoltre molto utile per lo sviluppo pedagogico, di cura o terapeutico nonché nel sostegno a persone che
  • mostrino modalità comportamentali di sfida in associazione a una (grave) disabilità cognitiva oppure
  • soffrano di un (grave) disturbo cognitivo (cronico) (cfr. Theunissen 2000, 137).


per realizzare condizioni di sviluppo,

Le persone non sono macchine ma esseri viventi. Ne consegue perciò che lo sviluppo non può essere “prodotto” oppure “introdotto forzatamente” dall’esterno. Si tratta piuttosto di un processo attivo dell’individuo: “Lo sviluppo deve partire dalla persona” (Haupt 2000; Fonte dell’immagine dell'imbuto: Meyer 1994, 73). Tuttavia non vi è dubbio che lo sviluppo sia influenza dall’esterno, dalle condizioni ambientali sociali e materiali: è infatti possibile attuare condizioni ambientali che si rivelino (particolarmente) favorevoli o (piuttosto) sfavorevoli ad un positivo sviluppo. L’idea della Stimolazione Basale è incentrata sulIa creazione di quelle condizioni ambientali che possano favorire il massimo sviluppo possibile in una persona con gravi disabilità. A questo proposito si sottolinea l’importanza di considerare lo sviluppo nella sua interezza. “Nella sua interezza significa che diversi processi di apprendimento, esperienze, pensiero, percezioni, come anche movimento e comunicazione“ nonché altri processi evolutivi „vengono svolti contemporaneamente dalla stessa persona. […] Interezza è un termine che si riferisce anche a genitori, educatori, terapeuti, perché anche loro non possono essere ‚suddivisi in parti singole“ (Fröhlich 2007, 90). Questo grafico rappresenta un tentativo compiuto da Fröhlich per illustrare l’idea di interezza:

Fig. 2: interezza dello sviluppo
(Fonte: Fröhlich 2007, 90)


che siano adatte a promuovere, mantenere o incoraggiare la salute, il benessere, l’apprendimento e la partecipazione sociale nonché l’autodeterminazione delle persone coinvolte.

Salute e benessere, apprendimento e partecipazione sociale nonché autodeterminazione sono gli obiettivi cui la Stimolazione Basale mira nella sua applicazione. Queste cinque categorie, ovvero (Salute, benessere, formazione, partecipazione, autodeterminazione)
  • comprendono – quand’anche con diversi baricentri – la Stimolazione Basale nel suo complesso, ovvero la sua missione sia di cura, sia pedagogica (anche per pazienti con disabilità), nonché terapeutica;
  • devono essere intese come sintesi degli obiettivi principali della Stimolazione Basale, come indicato da Bienstein / Fröhlich (2007, 78-99):
  • ottenere vita e percepire sviluppo,
  • sentire la propria vita,
  • provare sicurezza e costruire fiducia,
  • sviluppare il proprio ritmo,
  • decidere da soli della propria vita,
  • percepire il mondo esterno,
  • creare rapporti e realizzare incontri,
  • dare e sentire senso e significato,
  • godere di autonomia e responsabilità.


La questione delle particolarità della Stimolazione Basale

Dialogo, comunicazione, formazione, salute, benessere, partecipazione, e così via sono temi affrontati anche al di fuori della Stimolazione Basale, in ambito di terapia, cura pedagogia (per pazienti speciali). Tale riflessione potrebbe portare a chiedersi in cosa consista l’elemento caratterizzante della Stimolazione Basale, la particolarità che non è riscontrabile in generale in pedagogia. (Questa domanda è stata davvero posta da un collega all’autore di questo articolo). La risposta può come minimo essere duplice:
(1) La Stimolazione Basale è un approccio che davvero può dirsi basale, ovvero si tratta di un know-how per la promozione dello sviluppo che non richiede che il destinatario debba precedentemente compiere determinate azioni o disporre di abilità pregresse. Si tratta di un’idea che può trovare applicazione sin dalla nascita di una persona, per tutto l’arco della sua vita e indipendentemente dalla gravità delle proprie disabilità. Lo sviluppo della Stimolazione Basale ha contribuito a mettere in luce, già negli anni 70 „come la teoria fino ad allora dominante secondo cui le persone con disabilità gravissime sono incapaci di apprendimento sia del tutto errata“ (Praschak 1990, 9).
(2) La Stimolazione Basale porta al centro dell’attenzione le possibilità che il corpo umano offre. Si tratta quindi di un approccio orientato al fisico. Perché è il corpo che ci apre „un accesso individuale […], quando, apparentemente, ogni relazione comunicativa e intellettuale si è interrotta“ (Fröhlich 2003, 10). Il corpo non è una dimensione solo immaginaria, è una realtà ben evidente, che si può vedere, udire e toccare; una dimensione che, contrariamente a quanto affermato da Cartesio, non si può ignorare (o meglio: la cui realtà non si può ignorare, se non a livello virtuale, come sperimentazione di pensiero).


Per concludere e per riflettere: l’aspetto antropologico

Ponendo l’accento sull’interezza e la fisicità, la Stimolazione Basale (impostazione Fröhlicher) mira ad evitare dualismi antropologici, ovvero rifiuta la contrapposizione tra Res Cogitans e Res Extensa, tra una capacità di pensiero "elevata” e una sostanza meramente materiale nella persona. Tali dualismi, infatti, possono troppo facilmente portare a una valutazione eccessiva dell’aspetto intellettuale, aprendo la strada al disprezzo verso chi non brilla per abilità intellettuali.
Già nell’Antico Testamento la persona, in tutta la sua varietà di aspetti e vitalità, era vista come corpo: “nell'Antico Testamento, l’uomo non aveva un corpo, era un corpo. Questa frase sintetizza ciò che caratterizza la concezione dell’uomo dell'Antico Testamento. Il dualismo anima e corpo le è quasi3 del tutto estraneo“ (Frevel 2003, 27). Ciò non significa compiere una scorrettezza dal punto di vista antropologico, come si evince dalla stessa Bibbia - “polvere tu sei e in polvere tornerai“ (Genesi, 3,19) - che mostra agli uomini chiaramente il loro esser fatti di materia (come la loro transitorietà, ma altrettanto chiaramente descrive l’uomo come fatto a somiglianza di Dio (Genesi, 1,26 seg.) e, soprattutto nel Nuovo Testamento, come destinato all’eternità (cfr. al riguardo Nocke 1999, 150-153).


Literatur

Ackermann, Karl-Ernst (2007): Sonderpädagogische Erfindungskraft als Medium der Wiederentdeckung der Bildsamkeit. Zum physiologischen Ansatz einer „Pädagogik bei schwerster Behinderung“. In: Ulrike Mietzner / Heinz-Elmar Tenorth / Nicole Welter (Hrsg.): Pädagogische Anthropologie – Mechanismus einer Praxis. (Zeitschrift für Pädagogik, 52. Beiheft). Weinheim / Basel: Beltz, S. 155-170.
Bienstein, Christel / Fröhlich, Andreas (42007): Basale Stimulation in der Pflege. Die Grundlagen. Seelze-Velber: Kallmeyer.
Frevel, Christian (2003): Altes Testament. In: Ders. / Oda Wischmeyer: Menschsein. Perspektiven des Alten und Neuen Testaments. (Die Neue Echter Bibel – Themen, 11). Würzburg: Echter, S. 7-60.
Fröhlich, Andreas (2007): Basale Stimulation. In: Heinrich Greving (Hrsg.): Kompendium der Heilpädagogik. Band 1. Troisdorf: Bildungsverlag Eins, S. 88-96.
Fröhlich, Andreas (22006): Basale Förderung. In: Georg Antor / Ulrich Bleidick (Hrsg.): Handlexikon der Behindertenpädagogik. Schlüsselbegriffe aus Theorie und Praxis. Stuttgart: Kohlhammer, S. 402-404.
Fröhlich, Andreas (42003): Basale Stimulation. Das Konzept. Düsseldorf: selbstbestimmtes Leben.
Fröhlich, Andreas (1978): Ansätze zur ganzheitlichen Frühförderung schwer geistig Behinderter unter sensumotorischem Aspekt. In: Bundesvereinigung Lebenshilfe für geistig Behinderte e. V. (Hrsg.): Hilfen für schwer geistig Behinderte. Eingliederung statt Isolation. (Schriftenreihe, 3). Marburg: Lebenshilfe, S. 42-57.
Fröhlich, Andreas / Nydahl, Peter (102004): Basale Stimulation. In: Edith Kellnhauser / Susanne Schewior-Popp / Franz Sitzmann / Ursula Geißner / Martina Gümmer / Lothar Ulrich (Hrsg.): Pflege. Professionalität erleben. Stuttgart / New York: Thieme, S. 83-90.
Fröhlich, Andreas / Simon, Angela (2004): Gemeinsamkeiten entdecken. Mit schwerstbehinderten Kindern kommunizieren. Düsseldorf: selbstbestimmtes Leben.
Haupt, Ursula (2000): Entwickeln kann man sich nur selbst. In: Zusammen 20 (2), S. 4-7.
Haupt, Ursula / Fröhlich, Andreas (1982): Personenkreis. In: Dies.: Entwicklungsförderung schwerstbehinderter Kinder. Bericht über einen Schulversuch. Teil I. Mainz: v. Hase & Koehler, S. 20-24.
Mall, Winfried (52004): Kommunikation ohne Voraussetzungen mit Menschen mit schwersten Beeinträchtigungen. Ein Werkheft. Heidelberg: Winter („Edition S“).
Mall, Winfried (21993): Kommunikation – Basis der Förderung. In: Eugen X. Frei / Hans-Peter Merz (Hrsg.): Menschen mit schwerer geistiger Behinderung. Alltagswirklichkeit und Zukunft. Luzern: Edition SZH / SPC, S. 135-151.
Meyer, Hilbert (61994): UnterrichtsMethoden. I: Theorieband. Frankfurt am Main: Cornelsen.
Nocke, Franz-Josef (61999): Eschatologie. (Leitfaden Theologie, 6). Düsseldorf: Patmos.
Praschak, Wolfgang (1990): Sensumotorische Kooperation mit Schwerstbehinderten als Herausforderung für eine allgemeine Pädagogik. (Theorie und Praxis, 31). Hannover: Universität Hannover, Fachbereich Erziehungswissenschaften I.
Schnell, Martin W. (2004): Ethik und Anthropologie der Basalen Stimulation. In: Ders. (Hrsg.): Leib. Körper. Maschine. Interdisziplinäre Studien über den bedürftigen Menschen. Düsseldorf: Selbstbestimmtes Leben, S. 105-114.
Theunissen, Georg (2000): Lebensbereich Freizeit – ein vergessenes Thema für Menschen, die als geistig schwer- und mehrfachbehindert gelten. In: Günther Cloerkes / Reinhard Markowetz (Hrsg.): Freizeit im Leben behinderter Menschen. Theoretische Grundlagen und sozialintegrative Praxis. Heidelberg: Winter (Edition S), S. 137-149.


1 Il termine Stimolazione Basale® è un marchio protetto a livello europeo. Proprietaria di questo marchio composto da nome e logo è l'Associazione Internazionale per la Promozione della Stimolazione Basale®. Per rendere più agevole la lettura, nel testo si rinuncia all’uso del simbolo ®.
2 Eventi realmente accaduti rendono necessario questo riferimento.
3 Ovvero per tutti i numerosi secoli della storia dell'Antico Testamento.


E se il mondo fosse basale??? Teresa Wysocka

Ogni bambino è unico, è un individuo e si distingue dagli altri proprio attraverso la sua individualità che include tutte le sue caratteristiche, possibilità, bisogni e abilità. L'individualità sta ad indicare l'irrepetibilità di ogni singolo essere umano con la propria dignità, ma contrasta con tutto ciò “l'obbligo alla normalità” che provoca una pressione sociale alla quale le persone disabili si sentono esposte.
La Stimolazione Basale è stata creata negli anni '70 dal Prof. Andreas Fröhlich (Landstuhl, Germania), pedagogista speciale e psicologo, ed è un approccio rivolto a bambini/adolescenti/ adulti con disabilità grave.
L'obiettivo principale della Stimolazione Basale, è quello di rivalutare ciò che la persona disabile grave ha di proprio e di autonomo (anche se molto limitato) e la capacità di costruire se stesso e il suo agire sul mondo esterno.
Il mondo delle persone con disabilità grave è molto ristretto ed accompagnato quotidianamente da dolore, traumi, paure, insicurezze e dalla sensazione di non essere sani e vitali.
La mancanza di movimento impedisce alla persona con grave disabilità di entrare in relazione, in maniera soddisfacente, con il mondo esterno e lo limita fortemente nella percezione di sé e del proprio corpo, influendo sulla qualità della sua vita e di quella della sua famiglia.
Spesso la gravità della disabilità provoca nelle persone che ruotano attorno insicurezze, paure, aspettative troppo alte o addirittura mancanza di aspettative, che non permette loro di avere una progettualità adeguata.
La persona con grave disabilità si sente spesso come un “oggetto di manipolazione” e ciò provoca in lei passività, apatia e isolamento.
La persona disabile cerca di segnalare i propri bisogni in vari modi che spesso non sono riconosciuti e pertanto questa difficoltà di comunicazione impedisce il loro soddisfacimento.
Più gravi sono le problematiche di questi bambini più la famiglia e il mondo riabilitativo aumentano le proposte terapeutiche, impedendo però al bambino di raggiungere il benessere psico-fisico nella quotidianità, aumentandone la dipendenza.
La Stimolazione Basale, sottolinea le seguenti esigenze fondamentali per ogni individuo e li propone come diritti delle persone con disabilità:

  • Livello elementare vitale (evitare dolore, fame, sete)
  • Esigenza di movimento, stimoli, variazioni nella vita quotidiana (contatto con il mondo esterno)
  • Bisogno di sicurezza, stabilità e fiducia nei rapporti umani
  • Legame, stare nella relazione, sentirsi accettati
  • Riconoscimento ed autostima
  • Essere indipendenti, autonomi, decidere per se stessi
  • Bisogno di divertimento e di gioia nella vita

Come la Stimolazione Basale soddisfa questi bisogni?

Attraverso l'utilizzo di diverse posture stabilizzanti e facilitanti e di benessere psico-fisico si cerca di ottimizzare l'apertura del bambino verso il mondo esterno permettendogli di “viversi” e percepirsi come un individuo attivo nel suo ambiente, anche se in maniera limitata. In questa situazione il bambino con disabilita (anche grave) diventa protagonista e sperimenta in prima persona (senza richiesta esterna) e con le proprie capacità il suo potere nei confronti del mondo degli oggetti (autodecisione).
Attraverso l'attività propria il bambino è in grado di prendere coscienza delle sue azioni, aumentando la sua motivazione e gioia nel fare autonomamente e di conseguenza anche la sua autostima.
La Stimolazione Basale, aiuta inoltre a cambiare la caotica sovrabbondanza di stimoli e permette al bambino di avvicinarsi al mondo come struttura più comprensibile e con minori paure.

La principale proposta della Stimolazione Basale, è soprattutto l'esperienza corporea attraverso la:
- stimolazione vestibolare (sperimentare il movimento)
- stimolazione somatica (esperienza tattile attraverso la pelle)
- stimolazione vibratoria (percezione profonda del proprio corpo).

Queste stimolazioni permettono di formare uno schema corporeo più cosciente:

l'io = come vitalità
l'io = come attività
l'io = come consistenza (il viversi come una unità complessa)

Se il mondo fosse “basale” ad ogni persona disabile sarebbe riconosciuto il pieno rispetto dei propri bisogni, il diritto di imparare ed evolvere, il diritto di stare bene ogni giorno della propria vita e il diritto alla propria dignità.
Voglio terminare questo articolo con una riflessione del Prof. Fröhlich, ideatore di questo approccio:
“Non sono le tecniche e i metodi di una stimolazione che guariscono un paziente. Gli operatori non devono determinare che cosa fa bene al paziente, ma semmai cercare, in maniera molto sensibile, di capirne i bisogni reali. Soltanto a quel punto saremo in grado di fare delle proposte cercando di sostenerlo e accompagnarlo nelle aree in cui è possibile un qualunque tipo di attività.
Dobbiamo prevenire o controbattere un grave disorientamento offrendo costantemente delle occasioni alle persone disabili gravi per rendersi conto del proprio IO”.

Testo utile per approfondire il concetto di Stimolazione Basale:

  • Fröhlich Andreas, La Stimolazione Basale per bambini, adolescenti e adulti con pluridisabilità.  Assistenza, cura e riabilitazione. Edizioni Del Cerro, 2007

Dott.ssa Teresa Wysocka
Pedagogista specializzata
Trainer/esperta per la Stimolazione Basale
Web: www.stimolazionebasale.it
E-mail: info@stimolazionebasale.it


http://www.ilpercorsochecambia.it/disabilitagravi.html 
In questo sito si parla di ' metodo Frohlich'. Sul termine 'metodo' non sono d'accordo.  
La SB è un approccio educativo. Inizialmente era stato pensato come metodo, poi nel corso del tempo il concetto si è evoluto ed ora s'intende in modo diverso.

W gli educatori!!:-)